Il prosciutto crudo San Daniele stagionato, il frutto di una tradizione

Il prosciutto crudo San Daniele è un prosciutto salato stagionato, famoso in ogni parte del mondo. Un’eccellenza italiana profondamente legata al luogo in cui viene prodotto. Prima di iniziare a raccontare, proviamo a fare qualche passo indietro cercando di fare chiarezza su tutti i segreti di questa prelibatezza che ha tre soli ingredienti: cosce di suino italiano selezionate, sale marino e il particolare microclima di San Daniele.
Non tutti sanno che questo tipo di prosciutto crudo famoso in tutto il mondo, viene commercializzato dopo aver trascorso un periodo di stagionatura non inferiore ai quattrocento giorni dalla data di inizio salagione. Non sono giorni messi a caso, bensì frutto di un lungo e attento lavoro che al termine del periodo, prima dell’imprimitura del marchio a fuoco ne garantirà tutte le proprietà.
Denominazione di Origine Protetta
Da cosa deriva il termine DOP
Il marchio DOP nasce nel 1996, anno in cui l’Unione Europea ha deciso di riconoscerlo con l’acronimo di “Prodotto a Denominazione di Origine Protetta“. I prodotti marchiati DOP sono caratterizzati per avere una zona delimitata di origine esclusiva e delimitata e per l’obbligo di rispettare l’intera filiera produttiva di rispettare quanto scritto e riportato sul disciplinare.

Prosciutto crudo San Daniele
Alcuni cenni storici
Se proviamo a mandare indietro l’orologio del tempo, facendo una breve analisi dal profilo storico possiamo dire senza ombra di dubbio che la produzione di prosciutti in San Daniele del Friuli è frutto dell’influsso che esercitò la cultura celtica e preromana quando decisero di salare per la prima volta le cosce di suino.
San Daniele del Friuli, è noto che prima dell’insediamento dell’impero romano venne colonizzata dal popolo celtico e ne subì per un breve periodo le influenze. Situazione che continuò durante l’epoca romana, quando San Daniele più che mai sentì l’influsso proveniente da ROMA.
In seguito alla dominazione longobarda San Daniele appartenne per lungo tempo al feudo del Patriarca di Aquileia che promosse l’attuale insediamento urbano e consentì l’assetto di «libero comune». È con l’assetto del «libero comune» che si reperiscono gli «Annales» della Comunità e, con essi, i primi documenti scritti che consentono di valutare l’importanza e il ruolo della produzione di prosciutto in San Daniele del Friuli che comprendeva l’intero arto posteriore fino al piede.
Nel tardo medioevo a San Daniele l’autorità pubblica si sobbarcò l’onere di un custode per la cura dei maiali nei giorni di mercato. Dai verbali del ‘500, per le frequenti delibere del Consiglio comunale dell’Arengo di San Daniele, si dedusse l’importanza e la particolare attenzione rivolta all’allevamento suino. Non è un caso che vennero aggiornate alcune disposizioni sul capitolato del pubblico porcaro.
Numerose furono le ricerche che vennero fatte a posteriori, presso la Civica Biblioteca Guarneriana che hanno documentato che il prosciutto stagionato nella zona di San Daniele divenne oggetto di «corvees» feudali, suggello di accordi diplomatici e commerciali, gradito omaggio a potenti e notabili, Dogi veneziani in particolare, veicolo di unanime consenso al Concilio di Trento, dove giunse a dorso di un giovane mulo e, non da ultimo non perché meno importante, confiscato e tenuto “sotto chiave”, per la sua preziosa importanza, da un alta carica militare, per la precisione, il Generale Massena nel 1797, poco prima della firma sul Trattato di Campoformido.
Prosciutto Crudo San Daniele
Introduzione
Dopo aver fatto un lunghissimo salto indietro nella storia torniamo ai giorni nostri. Sintetizzando, al termine dei 400 giorni che il disciplinare recita con pignoleria maniacale, avremo a che fare con un prodotto dalla qualità eccellente:
- forma esteriore che deve ricordare quella di una chitarra;
- al taglio la parte grassa è bianca e si presenta in giusta proporzione con la parte magra;
- superficie esterna completamente ricoperta dalla cotenna, a eccezione del lato interno;
- Dolce il suo gusto con un retrogusto più marcato;
- fragrante il suo aroma a seguito del periodo di stagionatura;
- peso compreso tra gli 8,3 Kg e i 12,8 Kg;
Oltre a quelli citati ci sono tanti altri parametri che dovranno essere tenuti di conto, ma sono informazioni che al comune consumatore non interessano molto. Se siete comunque curiosi di conoscere tutti i dettagli potete scaricare il file relativo andando sul sito della GAZZETTA UFFICIALE.
Prosciutto Crudo San Daniele
Ricevimento e selezione
Il primo aspetto è proprio quello dell’arrivo delle cosce fresche di suino. Dopo aver verificato tutti i criteri di conformità, dovranno essere lasciate per un giorno a una temperatura tra 0°C/+3°C. L’unico scopo di questa iniziativa è quello proprio di tonificare la carne per consentire una lavorazione mirata. E’ assolutamente bandita la lavorazione di tutti quei capi congelati o che lo sono stati in passato.

Il Prosciutto crudo di San Daniele è ottenuto esclusivamente da suini italiani ma dovranno essere allevati, macellati e sezionati nel territorio delle seguenti regioni: Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Lazio, Toscana, Veneto, Piemonte, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria e Marche. Non potranno mai essere presi in considerazione capi provenienti da regioni diverse da quelle elencate.
Inoltre, da questo momento in poi, tutte le varie fasi che seguiranno dovranno avvenire all’interno della Provincia di Udine nella regione del Friuli, all’interno del Comune di San Daniele.

Tutta la fase del processo produttivo sarà monitorata in ogni suo punto così da avere la garanzia della tracciabilità del prodotto e la rintracciabilità (da monte a valle della filiera di produzione) del prodotto. Dalla salagione all’affinamento sino all apposizione del contrassegno a fuoco non potranno avvenire al di fuori di questa zona.
Salatura e Pressatura
Superata la fase del ricevimento e della selezione, la preparazione del prosciutto San Daniele entra nel momento “salatura“. Le cosce del maiale vengono sistemate in cella a condizioni ben precise ossia una temperatura variabile tra gli 0°C e +5°C e un’umidità controllata non inferiore al 65%.
Apposizione del sigillo di inizio salagione
Prima della salagione, il prosciuttificio si dovrà preoccupare di apporre importante ricordare solo sulle cosce fresce idonne un sigillo di inizio salagione. Quest’ultimo avrà un compito preciso, ossia quello di certificare la data di inizio salagione. Si potrà notare che l’immagine sarà riprodotta dal giorno espresso in numeri arabi, il mese in in numeri romani,, e le ultime due cifre rappresentanti l’anno saranno espresse nuovamente in numeri arabi.
31 XII 18
Durante questo periodo verranno ricoperte con del sale marino e lasciate “sotto sale” per un periodo che dovrà essere pari al numero di chilogrammi di peso delle cosce. A metà di questa prima fase la carne verrà “massaggiata” per fare in modo che il sale penetri anche all’interno delle fibre muscolari.
Verranno successivamente ricoperte con ulteriore sale, con il quale rimarrà a contatto fino alla fine della prima fase. Importante ricordare che assolutamente vietato l’uso di altre sostanze diverse dal sale marino.
Ogni movimentazione delle cosce verrà regolata in base all’esperienza del mastro prosciuttaio che attraverso il processo di pressatura avrà il compito di far assumere in via definitiva la caratteristica forma a chitarra, si dovrà produrre un assestamento della parte grassa rispetto alla parte magra, situazione che dovrà agevolare la funzione di penetrazione del sale.

Riposo, toelettatura e rinvenimento
Finita la pressatura, il prosciutto rimane per un lungo intervallo di tempo compreso tra 90 e i 150 giorni in una serie di celle dette ‘di riposo’. In questa fase il prosciutto si deve asciugare lentamente senza che la superficie si disidrati eccessivamente. Il sale ha una funzione fondamentale, penetra all’interno della massa carnosa con graduale omogeneità in modo uniforme.
Prima che si completi la fase del riposo viene eseguita la «toelettatura» che ha un compito specifico, ossia la rifinitura della coscia nel lato interno dal sopravvenuto calo di peso.
Con un seghetto circolare ad aria compressa si provvederà a rimuovere la parte emergente dell’osso (anchetta), con l’aiuto di un coltello viene rimossa la parte di carne in eccesso, dando una forma più armonica alla coscia di maiale.
Nel processo di toelettatura dobbiamo anche inserire la fase di pulizia, i prosciutti (da questo momento giusto chiamarli in questo modo) vengono lavati con acqua, eliminando così le impurità superficiali e il sale residuo.
Dopo averli lavati, verranno lasciati per circa due settimane ad una fase di riposo ideale per avviare i prosciutti alla fase di pre-stagionatura.
Questa fase non si può dire completata sino a quando le cosce non terminano il periodo di «rinvenimento» termico, lento e progressivo della durata di almeno un giorno. Il processo si rivela fondamentale perché garantisce un lento avvicinamento alla temperatura ambientale, compresa tra 11°C e 20°C associate a quelle dell’umidità che sarà via via in progressiva riduzione.
Sugnatura e Stuccatura
Lentamente ci stiamo muovendo verso la fase terminale di questo lungo percorso. In realtà ci sono alcuni aspetti che devono essere ancora presi in considerazione. Primo tra questi la sugnatura. Per chi non la conoscesse stiamo parlando di un’operazione eseguita con la dovuta cautela, un impasto di grasso di maiale assieme a del sale, pepe e derivati di cereali viene applicato manualmente in maniera uniforme. Ammorbidire gli strati muscolari posti sulla superficie sono lo scopo di questa fase, evitando che questi subiscano un’asciugatura troppo rapida.
Tale composto ha un compito ben preciso ossia quello di ammorbidire la superficie esterna non coperta dalla cotenna oltre a quella di protezione. Per questo motivo, la legislazione vigente non considera la sugna un ingrediente ma bensì un piccolo aiuto che la natura ci offre.

La stuccatura, invece, è un processo previsto solo per i prosciutti con osso che, prima di essere confezionati e venduti, vengono ricoperti di “stucco” nella parte muscolare esposta. Lo stucco, miscela compatta di grasso e farina di riso ha il compito di rendere il prodotto più bello e quello di proteggerlo dagli agenti esterni impedendone l’eccessivo asciugamento. Inoltre, questo particolare tipo di farina rende il prosciutto adatto anche alle persone celiache. Lo stucco va a sostituire la protezione che solitamente offre lo strato di cotenna e il sottostante grasso.
Dopo aver terminato questa fase del processo, la lavorazione prosegue. Difatti, il prodotto viene collocato in stanze con della forte aerazione, i venti naturali della zona collinare di San Daniele sono il volano fondamentale per completare la stagionatura. Si avete capito bene, in questo momento i prosciutti verranno collocati in stanze con delle grandi finestre che avranno il compito di farli respirare. Mai come in questo momento si capisce come sia fondamentale il legame con l’ambiente.

Prosciutto San Daniele stagionato
L’effetto del clima
La zona tipica di produzione del Prosciutto di San Daniele e’ ubicata nel Friuli centrale; l’area delimitata ha superficie di 3.467 ettari ed e’ posizionata lungo il corso del fiume Tagliamento. L’insediamento abitato si sviluppa sulle pendici ed alla base di un colle morenico alto alla sommità 276 metri sul livello del mare, ed ingloba il corso della riva sinistra del fiume Tagliamento.
Al di la’ del fiume Tagliamento, a meno di 2.000 metri in linea d’aria, sorgono i primi rilievi montuosi delle Prealpi Carniche. A causa della conformazione della zona montuosa circostante, il suolo che ha una forte capacità di assorbire le particelle di umidità nell’aria.
Questo effetto ha il pregio di far interagire le forti folate di vento che, lungo l’alveo del fiume Tagliamento, risalgono tiepide e calde dal Mare Adriatico (distante circa una trentina di Kilometri in linea d’aria), raffreddandosi via via e incontrandosi direttamente con quelle che scendono dalle Alpi molto più fredde, in un imbuto unico ideale diretto con il Canale del Ferro del Tarvisiano, distante alcune decine di chilometri.
L’unione di questi fattori è determinante per generare un microclima costante e originale, ambiente ideale per garantire luogo unico nel suo genere, né troppo umido né eccessivamente secco..
Puntatura
Cosa è la puntatura? Per completare questa fase prima di tutto dobbiamo essere dotati di un ago appuntito. L’ago deve essere ricavato da un femore di un cavallo. Se l’idea può sembrare bislacca, in realtà la porosità del frammento osseo permette di valutare odore e consistenza del prosciutto con grande precisione.

L’operazione agli occhi di qualcuno può essere pensata come qualcosa di complicato, in realtà è molto banale e semplice, viene inserito questo strumento nella coscia del prosciutto per qualche secondo; viene estratto e se ne valutano profumi e densità. L’osso non deve penetrare in profondità, ma va spinto leggermente (circa 2 cm) e va annusato immediatamente. A esame completato, il buco praticato viene ristuccato onde evitare che agenti esterni possano annidarsi nel prosciutto.

Marchiatura
Una volta completato il processo di produzione, può essere apposto sui prosciutti il marchio, un contrassegno a fuoco della DOP che verrà posizionato sulla parte anteriore alta, in prossimità del gambo. Per chiarire si intende la parte anteriore del prosciutto quella non completamente ricoperta dalla cotenna. Importante ricordare che volendo si può replicare il contrassegno a fuoco anche in altre posizioni della cotenna del prosciutto.

Il contrassegno a fuoco che vedete rappresentata nell’immagine è stabilito per legge dalla denominazione «Prosciutto di San Daniele» all’interno di una forma circolare che reca l’immagine stilizzata di un prosciutto con l’indicazione della sigla «SD». Proviamo a darvi qualche altra curiosità per i non esperti del settore sulle altre parti del marchio.
Sotto il piedino del prosciutto, si possono notare due «00», l’esempio appunto cita il doppio zero, in realtà dovrà essere riportato il codice identificativo del prosciuttificio.
Altro aspetto fondamentale sono le dimensioni che devono rispettare regole molto precise, nel dettaglio deve avere un’altezza di 62 mm; una larghezza di 80 mm; l’altezza del formato dei caratteri deve essere preciso, quelli della denominazione «Prosciutto di San Daniele» devono essere di 7 mm; mentre il codice identificativo del prosciuttificio avrà una dimensione di 6 mm.
In sintesi questo simbolo è la certificazione di un prodotto di qualità offrendo la garanzia che questo abbia superato con successo tutti i passaggi produttivi previsti.
Dopo l’apposizione del marchio San Daniele non rimane altro che conservare i prosciutti in un ambiente naturale in attesa di essere venduti.
Acquolina in bocca, sì?
